L’inizio di una storia.

La macchia sul muro si allargava e fuori pioveva. Piu’ acqua scendeva, piu’ i miei occhi osservavano dal letto forme astratte crearsi sul muro. Con il mal di stomaco corrente, di quelli che ti vengono dopo aver mangiato di corsa ed essere uscito smanicato con meno quindici gradi, steso, stringendo le lenzuola e la coperta di lana tra le mie mani.

I telecomandi sono troppo lontani e fa troppo freddo per aver voglia di uscire dal mio caldo nido, il secondo cuscino è un po’ troppo alto e lo uso come peluche, lo abbraccio, ci poggio sopra la testa e mi metto su di un fianco. Guardo la vetrina della mia camera, con dentro pochi oggetti tra quelli un paio di regali ancora inscatolati che forse rimarranno li per molto.
E’ tutto spento, il lampione fuori di sponda illumina l’angolo di muro macchiato dall’umidità. Una macchia gialla, sporca e grossa. Che mi fissa.

Il telefono del display illumina il resto della stanza. Chi sarà. Lo giro in giù, ora non mi va.
Ho davvero mal di stomaco, non quello delle farfalle, non quello delle ansie, quello reale, forse dire mal di stomaco, vi sembra riduttivo o astratto. Ma c’è.
Non riesco a prendere sonno e decido di punto in bianco di alzarmi, i miei piedi poggiano sui calzini, umidicci da quando sono tornato, me li metto e prendo le scarpe, senza suola, entra tutta l’acqua. Dovro’ comprarne un paio nuovo.
Mi soffermo a guardare la macchia e mi chiedo se davvero ho voglia di uscire a quest’ora… Domani mi devo alzare, forse è meglio che mi rimetto a dormire.

Prendo il telefono per guardare l’ora, un messaggio dice “Sto venendo da te :)”.
E’ una delle peggiori serate della mia vita, mi fa male lo stomaco, una macchia umida sta invadendo la mia stanza ed i miei calzini sono bagnati e puzzolenti. Pero’ dentro di me so che capirà, lo spero.

Decido di correre in bagno a darmi una sciacquata, rapida, sistemo le lenzuola in modo che sembri tutto ordinato…Certo, ma il portatile a terra, i borsoni e zaini ? E’ buoio, sfrutta le ombre per non mostrarli.

Il campanello suona, vado alla porta ma prima mi guardo allo specchio “Arrivo”, mano tra i capelli pensando che potevo anche essere piu’ decente.
La mia mano scorre sulla gelida maniglia fredda e apre la porta.
Gelido rimane anche il mio sguardo, che è rimasto a fissare quella macchia, tra le lenzuola strette tra le mie mani e un cuscino inanimato che prova a darmi affetto, un freddo e triste sorriso si puo’ scorgere sul mio volto, ora la luce tenue di quel lampione sta riflettendo anche le lacrime sul mio viso.