Insegnamento inverso.

Era una giornata fredda di Dicembre poco prima di Natale, le  strade si illuminavano di impegno nel mettere gli addobbi anche durante le giornate grigie.
Dovetti tornare a scuola un anno per mancanza di un diploma, avevo circa 22 anni la legge Italiana impose un diploma a tutti i cittadini Italiani e di seguire scrupolosamente le lezioni per un anno, io ero già avviato nel mio settore di videomaking ma dovetti accedere a questa non opzione governativa.
Non ero un ragazzino anche se molti della mia età o anche piu’ grandi dimostrarono il contrario.
La mia era una classe mista 26 alunni 13 maschi e 13 femmine, un assistente sociale di continua presenza, un uomo sulla cinquantina con un papillon e sempre vestito a festa, mi ricordava vagamente Dr.House, ma vagamente ;
Teneva sotto il braccio sinistro un’agenda con la copertina in pitone non so se vera o finta, penna a sfera Montblanc con le rifiniture in oro, sembrava piu’ un direttore d’orchestra che un professore o assistente sociale.
Oramai la scuola era iniziata da Settembre, io seguivo ogni giorno le lezioni ma portavo solo un quaderno, ero iscritto al corso di meccanica (un corso base, per un diploma base) rispettavo molto chi voleva intraprendere questa disciplina ma il mio amore per il cinema e la regia non mi avrebbe lasciato scegliere dottrine oltre quella che mi riusciva meglio, siccome non esisteva scelsi questa materia.

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La classe era abbastanza spaziosa, finestroni su di un lato di essa mostravano il grigio e l’avanzare delle stagioni invece un grosso orologio appeso al muro davanti a tutti scandiva gli attimi di quelle stagioni.
Non avevo socializzato molto, la mia vita era da un’altra parte tra altri amici, tra le mie cose, tra le mie sceneggiature e i miei HardDisk non volevo allargare il giro di amicizie ma ero pronto a sentire storie di ogni genere, ad aprirmi data la mia innata curiosità.

Non eravamo tutti dello stesso anno, le classi variavano di tre anni, mi spiego meglio, in una classe potevano starci classi dall’85 all’88 come nel mio caso cosi da ottimizzare gli spazi, questo non comportava grandi pene perchè ognuno non era li per fare casino ma per andarsene il prima possibile.
Quel giorno era la terza ora, di sei, entro’ la docente di scienze della terra un po’ sovrappeso di mezz’eta’, capelli ricci arancioni arruffati  e sempre con due snack in borsa….dietetici.. ma due erano, ogni volta che entrava mi fissavo sempre sui suoi polsi aveva file di braccialetti da mare tutti colorati e sul polso sinistro nascosto tra questo arcobaleno una lettera tatuata,S.
Amavo quella materia, ma avevo trascorso gli anni precedenti a guardare documentari sulla nascita dell’universo e leggere racconti di archeologi e speleologi da tutto il mondo, purtroppo ahime’ quello che ci raccontava a noi era roba risentita a ritrita alcuna nemmeno revisionata con le piu’ recenti scoperte ma non volevo contraddire nessuno quindi me ne stavo zitto e disegnavo sul mio quaderno da tuttologo.
Il quarto banco partendo dall’entrata della classe, davanti a tutti come ai vecchi tempi  ma a questo giro per mia scelta non avrei mai pensato potesse succedere quello che sto per raccontarvi, ma cosi fu.
Avevo appena finito di stilizzare un teschio messicano con dei fiori intorno, non so disegnare bene sia chiaro ma mi diverte e rilassa la mia testa, in un momento sento il silenzio della classe e della professoressa che piccchietta il gesso sulla lavagna alzo lo sguardo distratto da cio’ che stava accadendo e noto con estremo malessere l’attenzione su di me da parte del corpo scolastico.
L’assistente sociale e la professoresa si avvicinarono al mio banco con fare dominante :

Sig. Dalo’, ha di meglio da fare ? Vediamo.

Domanda e risposta automatica dalla bocca di ella non mi permise di spiegare le mie ragioni, prese il mio quaderno e stracciò le pagine del mio disegno, l’assistente sociale si avvicino’ e inizio a strapparmi altre pagine dove appuntavo i miei spunti creativi, mi alzai con uno scatto, ora il mio sguardo era al di sopra di loro il punto di dominanza era cambiato mi diressi verso la cattedra :

Prego si sieda al mio posto, lei professoressa occupi quel banco vuoto

Sconcertati i due si sedettero, erano liberi di non farlo ma lo fecero, forse per sfida o per altro non saprei spiegarvelo.
Mi sedetti alla sedia degli imperatori dietro il banco piu’ grosso di tutti e dove avevo l’intero controllo la luce faceva in modo che io vidi le silhouette di tutti, forse anche la mia sete di vendetta dava questa visione apocalittica della classe, guardai sulla cattedra con la vista periferica e vidi l’agenda in pitone la presi e con due gesti la girai e la posi sul tavolo freddo, presi un pennarello indelebile dal porta matite fissando negli occhi l’assistente sociale seduto di fronte a me.
L’occhio della classe era incredulo, l’uomo con il papillon mosse leggermente la testa verso destra e rubo’ una penna dalla studentessa che sedeva accanto a me ed un foglio di carta.

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Stia attento Sig.Dalo’, io sono l’istituzione, io posso portarla in tribunale, IO ho potere su di lei sono un’autorità con voce in capitolo

Lo fissavo come se per me non ci fosse un domani, l’agenda aperta profumava di appunti e pensieri negativi sugli studenti tutte le righe erano state riempite in precedenza, senza sbavature, simmetriche, con una calligrafia che tendeva leggermente a destra, la mia coda dell’occhio appunto’ la distanza tra l’inizio di una frase e la fine appoggiai il pennarello nero con punta larga, puzzava di alchool e fissando il mio nemico negli occhi tirai una riga netta cosi eliminai un suo pensiero; Per sempre.
Un sussulto spiritato dall’intera classe, potevo sentire i muscoli tesi del mio nemico e la tacchicardia nel suo petto da circa due metri di distanza il suo sudore freddo riempiva il calice della mia vendetta che si consumava lentamente in quell’ambiente comune, lui prese a scrivere su quel foglio, probabilmente cose per mandarmi in carcere, per screditarmi, per rendermi la vita obsoleta e oscura, ma io continuai.
Continuai a tirare righe una dietro l’altra, mentre lo osservavo il mio sguardo e la mia postura non cambiavano, lui si stava scomponendo, il suo papillon si storse e la sua figura autoritaria perse valore in quell’istante, ero alla quarta pagina che cancellavo, avevo lo sguardo freddo che avrebbe avuto quel povero pitone mentre incanta la sua vittima, perchè era di pelle vera.

BASTA !

Balzo’ con un scatto tirando un colpo alla sedia sotto di lui con le ginocchia, la classe sussulto’ e si spavento’ per un attimo tutti osservarono questo avvenimento come un film da una buona recensione dove i climax non mancano e lo spettatore rimane con il fiato schiacciato a terra per gli avvenimenti che si susseguono.
Mi alzai e scesi dal trono che mi aveva conferito potere per quei dieci minuti mentre mi incamminavo per quei due metri mi osservava la bestia :

Qui c’è la sua agenda, non andro’ oltre, teneva a quegli appunti ?

Non mi rispondeva forse pensando che io non fossi degno della sua voce o del suo volto ancora una volta.
Cercò di riprendersi l’agenda poggiata sul banco che avevo lasciato poco prima ma con la mano destra bloccai il suo fare con un tonfo acuto che fece eco nella classe presi a schiaffi anche la professoressa dall’altra parte dell’aula. Fissandolo come un rettile con la sua vittima.

Mi risponda
Si, certo, sono giorni di lavoro per me, cosa pensi che sono un fannullone come voi ripetenti ignoranti, IO..”
Silenzio, la ringrazio, quei disegni avevano la stessa importanza per me con la differenza che tutto quello rimane nel mio cuore i suoi appunti saranno persi per sempre perchè è solo una persona superficiale che fa qualcosa nella vita che le è stato imposto senza amare le sue azioni; Ora puo’ andare.

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Dopo questa frase decisi di andare verso il mio zaino e prendere le mie cose, riordinai cio’ che era rimasto dal quaderno e uscii dalla classe osservato da tutti ma il silenzio era quasi imbarazzante…
Per uscire dalla scuola bisognava attraversare un parco che la circondava, i vialetti in ciottoli accompagnavano il corpo studentesco all’uscita, ma oggi l’unico ero io, facevano compagnia solo a me, decisi di fare una pausa perchè l’adrenalina aveva iniziato a circolare nelle vene e il tremolio delle conseguenze costipava come un terremoto in Giappone le mie ossa, mi sedetti con le mie cuffie nelle orecchie su di una panchina in marmo ghiacciata.
Nella prospettiva del mio sguardo vedevo chicchi di neve scendere delicati nel laghetto di fronte, tirai fuori le mani dalle tasche per vedere se davvero era neve ma mi resi conto che un grosso abete pluricentenario copriva il mio capo forse era anche meglio preferivo rimanere fermo e osservare il mondo cambiare, in quel momento desideravo cosi.
Il mio telefono si stava scaricando e le canzoni stavano per finire, senza rendermene conto passarono circa un paio d’ore ripensando al mio atto distruttivo nei confronti di un’uomo che una vita già l’aveva vissuta , i sensi di colpa iniziarono a scalare con piccone e scarponi tra i miei pensieri glaciali davvero avevo mancato cosi di rispetto a qualcuno ? Si, ma forse anche lui a me, ma ne avevo davvero diritto ? Mentre la mente si poneva queste domande come nel peggior gioco televiso a Quiz la domenica sera, in fianco a me si sedette qualcuno, mi girai verso di lui con fatica per la posizione presa da ore al freddo ed era la bestia.

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Non volle incrociare il mio sguardo, guardava diritto, io facevo finta di nulla e per rompere l’attimo fingevo di avere freddo, realmente stavo come se stessi risalendo l’Inferno a nuoto, bruciavo di rabbia e rimorso un mix che non avrebbe giovato alla mia giornata :

Tu sai cosa rappresenta il serpente ?”

Mi fermai seduta stante, il tremore svanì e mi chiesi se avevo sentito bene tra me e me ma prima che io potessi porre una domanda :

Il serpente, in mitologia...”

Risposi. “Il simbolo del peccato del giardino dell’Eden ?

Non solo” si voltò verso di me
Gli antichi vedevano il suo veleno come tante cose… poteva ucciderti, poteva guarirti, poteva portarti giovamenti.., la sua pelle era segno di rinascita, espansione della coscienza, tu oggi con quel gesto hai dimostrato le parole degli antichi, hai preso quell’agenda avvelenata dall’odio di anni, mi hai ucciso moralmente e mi hai fatto rinascere dandomi giovamento da questa presa di coscienza. Quindi tieni, su questo foglio c’è cio’ che ti sbatterebbe in carcere per il resto della tua giovane vita.

Presi il foglio che aveva scritto in precedenza su di me, essendo un’autorità bastava una parola per sbattermi davvero in una latrina a vita.

Sei pentito di cio’ che hai fatto ? ” Avevo il terrore di rispondere, non ero piu’ il leone sulla montagna ero esposto senza nessuno a proteggermi ma il veleno dentro di me che aveva trasformato questa storia in un insegnamento rispose prima che io potessi pensare a qualcosa di razionale da dire.

No, sono pentito di averla conosciuta in queste circostanze, ma nient’altro.” Si giro’ verso di me e sorrise, si sistemò il papillon e si alzò in piedi.
Vai a casa ora, è prevista una tempesta di neve“, “Grazie” risposi “Ma preferisco stare ancora un po’ qui” “Ci vedremo domani ?” Mi chiese. “Non credo“.
Sorrise ancora una volta e si allontanò nel bianco della nebbia, poggiai la schiena rilassato sulla panchina che si era leggermente scaldata e notai alla mia sinistra l’agenda in pitone della bestia, a quel punto capiì che la bestia aveva preso un’altra strada e che alla domanda ci vedremo domani la risposta non gli avrebbe fatto cambiare idea, la sua strada l’aveva decisa, scelta,  in quegli istanti non so se la sua permanenza sulla terra migliorerà oppure no, so’ che in quel giorno di Dicembre lasciai un segno indelebile oltre che sulle delle pagine su di un essere umano e questo è quello che voglio fare fino alla mia morte terrena.

Fine.